Soggetto produttore Giuseppe (Pippo) Carrubba



Data/date anni ’70-'90 Consistenza due faldoni, una raccolta di libri (inseriti nel catalogo online delle Biblioteche genovesi, https://bibliometroge.sebina.it/opac/Opac.do ricercabili con la parola chiave "bamcr" nella "Biblioteca Berio")

 Tipo di documentazione e supporto documenti, volantini, ritagli stampa, fotocopie da periodici, stampati ecc. Originali e fotocopie. Supporto cartaceo. Ordinamento originale.

Ambito geografico Genova

[Documenti affidati nel 2010 a Bruno Piotti. Nota seguente di Bruno Piotti]. “Il primo faldone contiene, divisi in tre buste, molti articoli di quotidiani (Il Secolo XIX, l’Unità, Lotta Continua), documenti e volantini dal 1972 al 1990. Documentazione sciolta con notizie e commenti a episodi cruciali come il licenziamento di Pippo Carrubba nel 1972, le stragi di stato, le elezioni politiche del 1976, l’uccisione di Guido Rossa da parte delle BR, mozioni e lettere come delegato sindacale in varie aziende, lettere di Mitra (Cisl) e del Sindaco di Genova sul primo libro di Pippo. Si può ricostruire la storia dei suoi lavori e delle relazioni con il sindacato genovese. Il secondo faldone contiene in due buste volantini, circolari, documenti sindacali, lettere del Cantiere Navale di Sestri Ponente, degli anni ’90. I tre libri sono: Pippo Carrubba “Lettere dalla fabbrica. 1978-1990”, prefazione Luciano Della Mea, Jaca Book 2000 e Pippo Carrubba, “Mi chiamavano sovversivo. Memorie di solidarietà operaia”, prefazione di Fausto Bertinotti, Jaca Book 2004” e“Il gruppettaro”. Subfondo riordinato seguendo le suddivisioni originali e schedato da Virginia Niri, gennaio 2011



Estratto dal saggio di Giorgio Moroni, dal libro “Scritture operaie: l’esperienza genovese 1970-2000” edizioni Archivio di movimenti 2024



Giuseppe Carrubba, detto Pippo, era nato a Riesi, in provincia di Caltanissetta il 12 novembre 1938. La sua vita è largamente raccontata nei suoi libri, tutti autobiografici.



Gli muore il padre Rosario in modo atroce, sepolto vivo nella bara a seguito di morte apparente per catalessi, quando Pippo aveva pochi mesi di vita; la madre Carmela si trasferisce a Palermo con i quattro figli e Pippo, il più piccolo, viene sistemato in un orfanotrofio per poveri, dove passa infelicemente la sua infanzia, e poi in case di correzione e collegi dove frequenta le elementari e l’avviamento, fino ai 18 anni. Negli intervalli, va a vivere dalla madre e poi col fratello maggiore che nel frattempo, sposatosi, è tornato a vivere a Caltanissetta. Il problema è trovare lavoro e tutta la sua vita successiva sarà segnata da questa ricerca alimentata da un fondo inesauribile di rabbia e di ribellione.



Emigrato a Genova, sarà ospitato per i primi tempi da uno dei fratelli e, non appena sistematosi, sarà raggiunto dalla moglie Rosetta Bognanni, incinta del primo figlio; successivamente ne nascerà un secondo. Per lui la fabbrica, dove incontrerà per la prima volta i partigiani e i militanti extraparlamentari, è la vera università, la scuola di vita dove la sua voglia di riscatto poteva scoprire le sue ragioni profonde ed essere condivisa, dopo la scoperta della lotta politica, con le storie degli altri. Val la pena di ricordare la sua fattiva partecipazione alla lotta operaia della Chicago Bridge, dove incontra per la prima volta ai cancelli gli studenti che si uniranno al Comitato di Lotta. La Commissione Interna e il sindacato verranno spinti ad una lotta più dura, ad oltranza, in linea con le decisioni prese dall’assemblea degli operai. Nel suo primo libro Il posto fisso ne fa un resoconto dettagliato. Fondamentali per Pippo sono gli incontri con l’operaio Michele Vinci, che lo avvicinerà al Psiup, e con lo studente di medicina Bruno Piotti, tramite il quale parteciperà alle attività del Comitato di Organizzazione Proletaria. Successivamente, seguendo le scelte di alcuni dei compagni del COP, Carrubba aderisce a Lotta Continua, dove    entra a far parte della Commissione operaia, sollecitando costantemente interventi sulla fabbrica e intervenendo raramente sulle scelte di linea.



Dopo aver lavorato in parecchie fabbriche, tra cui la Verrina, ed essere emigrato per un breve periodo in Germania a Ravensburg (nel Baden-Württemberg), nel 1976 ottiene finalmente in Fincantieri a Sestri Ponente il posto fisso come saldatore. Utilizzando le 150 ore, frequenta all’Università di Genova un corso di medicina del lavoro.



Nel frattempo ha scoperto la forza della parola scritta, di cui avverte la risonanza nel tempo. “La penna è un’arma”, comincia e continuerà a ripetere. Sarà per tutta la sua vita un convinto comunista.



L’opera di esordio di Pippo Carrubba, prima di intitolarsi definitivamente IL POSTO FISSO (con i caratteri a stampatello) portava il titolo, “Dal Sud al Nord, ovvero alla ricerca di un posto fisso di lavoro”. Ad aprirlo erano due note, la prima di Giulio Derchi, Segretario generale della FLM. e la seconda di Carlo Mitra, Segretario regionale CISL Genova. La vera introduzione è però quella di Olga Speziali Panella, docente dell’Istituto magistrale P. Gobetti: “il linguaggio è quello parlato, di un’efficacia fatta di immediatezza espressiva, rara in tempi di gerghi, di narcisismi, di retorica dilagante. (…) Qui siamo agli antipodi del terrorismo, e proprio in questo, in questa prospettiva, si pone il valore di questo straordinario racconto autobiografico.”



Carrubba trova difficoltà a pubblicare il suo romanzo, che ha iniziato a scrivere già ai tempi della sua militanza in Lotta Continua, perché gli editori consultati, pur trovandolo interessante, vorrebbero che venisse riscritto...”Ma un operaio scrive come parla e gli operai parlano così”, ha sempre replicato Carrubba.



Nel febbraio del 1981.“L’alternativa” di Catania (collana diretta da Adele Faccio) pubblica, con l’introduzione di Pio Baldelli,    Il posto fisso, che    trova finalmente un editore (ma purtroppo è un libro che non verrà distribuito, a parte le 100 copie che l’autore riuscirà a farsi spedire grazie a un parente locale). Viene adottato come libro di testo dall’Istituto magistrale Gobetti di Sampierdarena dove insegna Olga Panella. Pippo non è un altro Guerrazzi, il prototipo dell’operaio scrittore. Egli resta innanzitutto un operaio, anzi un militante operaio. Pippo si definisce un “emigrante in patria”



Solo nel 2002 Il Posto fisso verrà ripubblicato da Jaca Book nella collana Grandevetro, con la prefazione di Antonio Gibelli.



 



Dopo un travagliato percorso attraverso lavori precari ed esperienze di lotta, Pippo Carrubba nel 1976 è quindi entrato come “fisso” assieme ad altri operai delle ditte private nei Cantieri Navali di Sestri Ponente (IRI). Dopo pochi anni, tuttavia, si ritrova in cassa integrazione, con l’imminente prospettiva della chiusura del cantiere. Eletto nel frattempo delegato sindacale, Pippo conduce una strenua lotta che dura nel tempo, fino alla metà degli anni Ottanta e, dopo averla usata per scrivere la sua potente autobiografia, riscopre la penna come un’arma.



E’ del settembre 1985 la presentazione del secondo volume pubblicato da Pippo Carrubba, Lettera al ministro, promossa dall’assessore alla P.I. e attività culturali Maria Paola Profumo, con Antonio Gibelli, Lino De Benetti (titolare della Casa editrice “Lanterna” che ha pubblicato nel settembre 1984 il libro) e alcuni cassintegrati Italsider e Dufour. Il libro viene ristampato nell’agosto 2012 dalla Book Sprint edizioni con alcune integrazioni: il titolo è stato cambiato in: LA Fincantieri? No! Il Cassaintegrato e il Signor Ministro. Il titolo appare completo nella prima e nella seconda pagina del libro, ma non nella copertina, dove appare così: La Fincantieri? No! Il Cassintegrato e il Ministro. In questo secondo volume Carrubba mostra una grande consapevolezza di sé, brandisce la parola scritta come un’arma, anzi come uno strumento a percussione di quelli che si usavano allora nei cortei operai, tipo i bidoni di latta.



 



Pippo Carrubba inizia a scrivere, negli anni Ottanta, dei racconti a partire dalla sua prima giornata di lavoro in Italcantieri nell’aprile 1976, per poi passare a raccontare delle continue tensioni con la Direzione e con il Sindacato. E’ il diario meticoloso di un agitatore, di un delegato di fabbrica combattivo, che si batte apertamente le continue minacce di ridimensionamento e l’uso strumentale che delle Brigate Rosse fa il sindacato per isolare e criminalizzare i compagni dei gruppi, coloro che gruppettari sono rimasti anche se i gruppi non ci sono più e ora sono riuniti nel Collettivo operaio dell’Italcantieri: di fatto la conquista del posto fisso per Pippo è coincisa con la chiusura    dell’esperienza di Lotta Continua, gruppo nel quale Carrubba si è pienamente identificato e nel quale è rimasto fino alla fine. IL GRUPPETTARO, diviso in due volumi, è la raccolta di questi racconti: verrà stampato nel luglio 1989 ed edito in proprio. Nell’ultimo capitolo, “L’inidoneo”, Pippo Carrubba racconta sia del suo rifiuto di essere esentato dal lavoro per inidoneità fisica (recidiva di ulcera), nel timore di essere considerato uno scansafatiche, sia la dinamica del suo prepensionamento (all’inizio del 1992, dopo 16 anni di “posto fisso”), scelta obbligata per evitare la mobilità, e quindi il trasferimento. In Italcantieri, dopo il prepensionamento coatto, non tornerà mai più, benché fosse stato per anni delegato nel    Consiglio di Fabbrica e il suo ricordo, soprattutto tra i più giovani, si fosse tinto di un alone quasi    leggendario, per la sua incessante e indomita capacità di rappresentare in modo diretto gli interessi degli operai. Iscritto alla CGIL e per un certo periodo anche alla CISL, Mai iscritto al PCI



Qualche anno prima del prepensionamento Pippo si è separato dalla moglie. Ne parlerà in un capitolo di uno dei suoi libri successivi, Mi chiamavano sovversivo. Decide di trasferirsi nei dintorni di Ovada, a Silvano d’Orba, dove farà inizialmente il pendolare e, una volta trasferitosi definitivamente, inizierà un nuovo capitolo della sua vita. Lì conosce Bruna Grosso, una giovane insegnante ovadese, che sposa nel 1995.



 



Pippo Carrubba durante la sua esperienza di operaio e sindacalista nel Cantiere non ha solamente tenuto un diario quasi quotidiano delle sue battaglie ma ha anche scritto incessantemente lettere: lettere al quotidiano Lotta Continua, lettere ai potenti (Cossiga, Scalfaro, ma anche D’Alema e Occhetto), lettere ai giornali locali, oltre a varie lettere aperte, tra cui quelle alle BR e quella, molto divertente, a Radio Maria... Nel 2000 Jaca Book con il volume “LETTERE DALLA FABBRICA (1989-1999) ne pubblica una settantina, delle oltre centocinquanta scritte e spedite nel periodo; l’introduzione al volume è di Luciano Della Mea.   



Nel 2015 Pippo Carrubba concederà una replica pubblicando con l’editore BookSprint il volume “LETTERA AL DIRETTORE” (2000-2010), dove raccoglie le lettere scritte ai direttori dei giornali locali, ma anche a Presidenti del Consiglio, della Repubblica, ai Sindaci dell’ovadese, ai Segretari delle Confederazioni sindacali, a Fausto Bertinotti. Anche a Fausto Bertinotti: perché, dopo la svolta occhettiana della Bolognina (contro la quale il nostro si scaglia dal primo mento, nonostante non sia mai stato iscritto al Pci) Pippo Carrubba è confluito con i compagni della provincia alessandrina in Rifondazione Comunista aprendo una sezione del partito a Silvano d’Orba, partecipando alle lotte locali sia a Ovada. Una di queste è raccontata nell’ultimo capitolo del suo libro: “MI CHIAMAVANO SOVVERSIVO, Memorie di solidarietà operaia”, pubblicato nel 2004 dalla Jaca Book proprio con prefazione di Fausto Bertinotti. In questo libro Carrubba ritorna alla prima assemblea operaia convocata in Fincantieri nei primi anni Ottanta mentre si decide la cassa integrazione delle maestranze e alle lotte durissime che seguono: blocchi stradali, occupazione della ferrovia, dell’aeroporto, delle autostrade. E anche alle morti bianche, alle malattie professionali quali l’asbestosi, la leucemia, la silicosi che lo stesso Carrubba ammette di avere sottovalutato quando non ignorato, come tanti operai, perché “contava solo la tranquillità del posto fisso con un futuro certo”. Per arrivare alla sua nuova vita dopo il prepensionamento, nella quale non rimetterà più piede nella fabbrica che gli ha mangiato la vita, nel corso della quale si sentirà parte della nuova vicenda del cosiddetto “popolo dell’acqua”, del popolo della pace, del movimento altromondista all’epoca noto come “no-global”. Alla presentazione del libro al teatro Splendor di Ovada, nel giugno 2005, partecipano Gad Lerner e Andrea Marcenaro.



 



Nell’ultima parte della sua vita Pippo Carrubba si volge indietro e torna alla sua infanzia in Sicilia scrivendo un romanzo autobiografico questa volta dedicato alla sua vita prima della scoperta della politica. Per farlo, Carrubba sceglie di esprimersi in una lingua mista, tra il parlato siculo e un italiano ricco di metafore e iperboli, mettendo in luce un esplicito slancio poetico: il risultato è “TEMPI DI CICORIA AMARA NEL XX SECOLO, vita vissuta e racconto”, che dopo quattro anni di lavoro viene stampato nel maggio 2011 da Book Sprint edizioni con l’introduzione dell’amico don Andrea Gallo. Sono anni tragici e crudeli, pieni di contrasti antichi, per Pippo sono anni di “educazione siciliana”. Il romanzo si chiude con Pippo che, ormai ventenne, con la moglie con la panza grossa, sale sul treno per Genova, verso il triangolo industriale. Come aveva scritto qualche anno prima il conterraneo ragusano Vincenzo Rabito in “Teramatta”: “Se all’uomo in questa vita non ci incontro aventure, non ave niente darraccontare”.



Infine, nel luglio 2017 BookSprint edizioni pubblica IL VOLO DELLA FARFALLA - OPERAI! STUDENTI! UNITI NELLA LOTTA!, introdotto da Vito Pacelli, il suo editore. E’ il suo ultimo romanzo di testimonianza, questa volta un testamento. Sono dieci capitoli dedicati ciascuno a un anno, dal 1960 al 1969, gli anni della sua formazione politica.



Pippo Carrubba muore all’Ospedale San Giacomo di Novi    Ligure per polmonite il 28-03-2020, in piena pandemia.



 



 



 



 




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